Restare a casa

La pandemia è stata gestita in Italia principalmente secondo l’imperativo moraleindividuale del “restare a casa”. Un sistema di protezione innanzitutto inapplicabileper tutti: molti dovevano comunque uscire per guadagnarsi da vivere e permettere achi restava a casa di ricevere merci, servizi. Il confinamento domestico risulta ancheessere un sistema di protezione limitato, in quanto risulta efficace solo in rapporto alcontagio, mentre non tiene conto dello stato di salute generale che può risultarecompromesso da un prolungato periodo di segregazione e sedentarietà. Inoltre risultaparadossale perché vorrebbe fare salva la vita oltrepassandola (“sopravvivenza”)senza che questo ‘passare oltre’ abbia un termine, l’oltre viene continuamentedifferito. Restare a casa è anche paradossale perché fa leva sulla responsabilità versogli altri proprio allontanandoli dalle nostre vite.Ma come si è arrivati alla obbligazione morale individuale come unica strategia perfronteggiare il virus?Perché oggi lo Stato – dopo decenni di smantellamento del welfare – non garantiscepiù la cura e la protezione della vita. Su cosa fonda allora il suo potere? Su di un’eticaimprenditoriale in cui l’impresa è il soggetto e il cui primo comandamento è ilselfhelp: salvati da solo! La razionalità neoliberale ha operato il progressivotrasferimento sul piano individuale del rischio. Ciascuno deve essere imprenditore disé stesso. Il rischio individuale viene progressivamente gestito non più dallo Stato,quanto dalle imprese o dalle condotte individuali. Tuttavia lo Stato, pur non assumendosi il costo e la responsabilità, continua adecidere quale sia il rischio portando inoltre il livello della decisione ad un obiettivoirragiungibile: il rischio 0, pura illusione. La privazione risulta dunque l’ unicaingiunzione possibile per inseguire la chimera del rischio 0, chimera facilmenterecepita da un “neo-soggetto” provato e affaticato dalla “prestazionalità” e affetto datempo da demoralizzazione, depressione, desimbolizzazione.